Liquidazione quota socio uscente
L’avviamento quale componente attiva meramente eventuale ai fini della liquidazione della quota in ipotesi di scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio: il caso delle holding pure e delle società di gestione del patrimonio immobiliare.
- INTRODUZIONE
- LA LIQUIDAZIONE DELLA QUOTA DEL SOCIO USCENTE: IL PATRIMONIO NETTO RETTIFICATO (O ATTUALIZZATO)
- I CRITERI DI CALCOLO DEL VALORE DI LIQUIDAZIONE
- CONCLUSIONI
1. INTRODUZIONE – Lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio – sia che consegua ad un evento naturale (morte) o all’esercizio di un diritto potestativo della società (esclusione) o del socio (recesso, deroga al principio consensualistico sancito dall’art. 1372, comma 1, c.c.) – dà diritto al socio uscente o ai suoi aventi causa a vedersi liquidata la sua quota di partecipazione al capitale sociale. La liquidazione della quota del socio uscente avviene, secondo la regola generale (derogabile dalle parti nel contratto sociale o con convenzione successiva), mediante attribuzione al socio uscente di una somma pari al controvalore in denaro della quota, mentre il soggetto obbligato al pagamento è sempre la società (fatta salva l’eventuale responsabilità solidale dei soci illimitatamente responsabili nelle società di persone). Ciò è quanto si evince dal combinato disposto degli artt. 2284 ss. c.c. nonché dall’art. 2289 c.c.
2. LA LIQUIDAZIONE DELLA QUOTA DEL SOCIO USCENTE: IL PATRIMONIO NETTO RETTIFICATO (O ATTUALIZZATO) – E’ disciplinata nello specifico dall’art. 2289 c.c., il quale, al comma secondo, statuisce che «La liquidazione della quota è fatta in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento». Il comma terzo, poi, precisa che «Se vi sono operazioni in corso, il socio o i suoi eredi partecipano agli utili e alle perdite inerenti alle operazioni medesime»: tale norma trova la propria ratio nel rischio insito nel rapporto sociale ai sensi dell’art. 2247 c.c. (si vedano anche gli artt. 2262 e 2263 c.c.) ed è il portato del divieto del patto leonino sancito dall’art. 2265 c.c. («E’ nullo ogni patto con il quale uno o più soci sono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite»).
Sotto il profilo pratico-operativo, si può dire che, nel momento in cui si verifica una delle cause di scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio, la liquidazione della quota del medesimo necessita della formazione di una situazione patrimoniale straordinaria (i.e. bilancio straordinario) redatto secondo criteri idonei a far emergere la reale ed effettiva consistenza economica del patrimonio sociale ed, in proporzione, il reale ed effettivo valore della quota al momento della cessazione del vincolo sociale. Il che significa che tutti i valori, attivi e passivi, suscettibili di valutazione non devono essere considerati con riferimento ai valori di iscrizione a bilancio se non corrispondenti al concreto valore di mercato, bensì devono essere attualizzati alla data in cui si è verificato lo scioglimento del rapporto sociale. Si impongono due ulteriori annotazioni.
2.1 Le operazioni in corso
La prima è volta a chiarire il concetto di operazioni in corso al momento della cessazione del vincolo, i cui utili o le cui perdite sono componente attiva o passiva ai fini della liquidazione della quota ex art. 2289, comma 3, c.c.: le operazioni in corso altro non sono che l’insieme degli affari già iniziati nel momento immediatamente precedente a quello in cui si è determinato lo scioglimento del rapporto e che, non avendo ancora esaurito i propri effetti patrimoniali, sono destinati a riverberare conseguenze (purché necessarie ed inevitabili o comunque strettamente legate alle operazioni già avviate sotto il profilo causale) anche in un momento successivo alla fuoriuscita del socio.
2.2 L’avviamento
L’altra puntualizzazione è che, ai fini del calcolo del valore di liquidazione della quota, deve pur sempre aversi riguardo alla effettiva consistenza economica dell’azienda al momento dello scioglimento del vincolo sociale, la quale comprende, se ed in quanto esistente, anche la potenziale redditività futura dell’impresa stessa.
In ciò si riassume il concetto di avviamento, il quale, pur esprimendo la potenziale redditività futura dell’azienda, rileva, ai fini della liquidazione della quota, solo se e nella misura in cui tale giudizio prognostico si fondi sui dati economici effettivi delle gestioni passate e sulle prudenti previsioni dei futuri rendimenti: l’avviamento, dunque, rappresenta la probabilità, proiettata eminentemente nel futuro, di maggiori profitti per i soci superstiti, derivati dall’apporto conferito dal socio recedente e consolidatisi come componente del patrimonio sociale. In altri termini, l’avviamento, quale elemento attivo del patrimonio sociale attualizzato, rileva, ai fini della liquidazione della quota, a patto che i risultati economici delle precedenti gestioni consentano di affermare che il patrimonio della società ha accresciuto il proprio valore nel corso del tempo, così da poter prognosticamente proiettare un analogo risultato nel futuro: l’operazione consiste, pertanto, nella valutazione dei risultati economici delle gestioni passate e nella capitalizzazione del reddito futuro (valore del patrimonio netto alla data di scioglimento – prezzo di acquisto dell’azienda).
Quanto detto consente già di trarre una prima conclusione: l’avviamento, per il suo significato intrinseco, è indissolubilmente connesso alla concreta attitudine produttiva dell’impresa e alla sua realtà dinamica alla data di scioglimento del rapporto sociale. E’, quindi, una componente attiva meramente eventuale nella determinazione del valore di liquidazione della quota del socio fuoriuscito perché necessariamente collegata alla natura dell’attività svolta dalla società interessata dalla scioglimento del rapporto.
3. I CRITERI DI CALCOLO DEL VALORE DI LIQUIDAZIONE
3.1 Il metodo patrimoniale semplice.
Che l’avviamento sia una componente attiva possibile, ma non necessaria e, dunque, eventuale, ai fini della determinazione del controvalore in denaro della quota del socio interessato dallo scioglimento del vincolo trova conferma anche nell’esame dei criteri di stima elaborati dalla scienza contabile in quanto non tutti prendono in considerazione la componente dell’avviamento. Il metodo patrimoniale semplice mira a calcolare il valore economico dell’azienda oggetto di stima prendendo in considerazione la sommatoria dei seguenti valori:
– patrimonio netto contabile (differenza tra attivo e passivo);
– rettifiche di valore dei beni che compongono il patrimonio aziendale;
– carico fiscale latente (cioè imposte differite e solo potenziali, calcolate secondo la normativa vigente, legate alla rettifica dei valori del complesso aziendale e alla emersione, dunque, di eventuali plusvalenze).
Il risultato di questa operazione contabile esprime il capitale sociale attualizzato a valori correnti. Il metodo patrimoniale semplice non considera l’avviamento quale componente attiva del valore di liquidazione della quota. Esso viene normalmente utilizzato per le società sostanzialmente prive di attività produttiva, quali le holding pure (i.e. di gestione e finanza) e le società di gestione immobiliare.
3.2 Il metodo reddituale
Il metodo reddituale esprime il valore dell’azienda sulla base delle prospettive reddituali del complesso aziendale e cioè sul reddito attualizzato con riferimento alla presunta durata del reddito al tasso di interesse.
3.3 Il metodo patrimoniale complesso (o misto)
Il metodo patrimoniale complesso, invece, calcola il patrimonio netto rettificato prendendo in esame non solo i beni materiali dell’azienda, ma anche i beni immateriali della stessa (cd. intangibles, di marketing – logo, marchio, insegne, idee pubblicitarie, grafica, idee promozionali, pubbliche relazioni, design di etichette, design di imballaggio – o della tecnologia – segreti industriali, know how, design, styling, software, brevetti):
– patrimonio netto contabile (differenza tra attivo e passivo);
– rettifiche di valore dei beni che compongono il patrimonio aziendale;
– carico fiscale latente (come sopra);
– intangibles.
4. CONCLUSIONI – Sulla base di quanto sin qui riferito, appare chiaro come l’avviamento sia una componente da tenere in considerazione ai fini della determinazione del valore di liquidazione della quota del socio rispetto al quale il rapporto sociale si è sciolto. Tale componente non è necessaria, ma meramente eventuale perché, considerata la nozione stessa di avviamento (cfr. supra § 4), essa è legata in modo indissolubile alla tipologia di attività esercitata dalla società il cui capitale sociale sia oggetto di valutazione.
Nel novero delle società rispetto alle quali il valore di avviamento è irrilevante rientrano senz’altro, oltre alle cosiddette holding pure (che non svolgono attività, essendo di gestione e finanza delle partecipazioni), anche le società di mera gestione immobiliare, il cui oggetto è la gestione del patrimonio immobiliare e nell’ambito delle quali ad assumere rilievo predominante è proprio l’elemento patrimoniale rappresentato dalla titolarità (per lo più statica) di beni immobili.
Nella nozione di mera gestione del patrimonio immobiliare già acquisito rientra anche la messa a reddito dello stesso mediante lo strumento locativo, ritenuto profilo non decisivo per una considerazione dinamica dell’attività svolta anche in considerazione del tendenziale disallineamento dei corrispettivi rispetto alle condizioni correnti di mercato e del fatto che, sotto l’aspetto più prettamente estimativo, il rapporto locativo costituisce una componente negativa nel calcolo del valore del patrimonio immobiliare.
Il criterio normalmente utilizzato per la stima del complesso aziendale di queste società, ai fini della determinazione del controvalore di liquidazione, è – non a caso – il metodo patrimoniale semplice, che, come noto, esclude l’avviamento quale componente attiva della base di computo. Si possono però ipotizzare conclusioni difformi, favorevoli al riconoscimento dell’avviamento quale componente del valore da liquidazione anche nei casi qui considerati, qualora il socio uscente o i suoi aventi causa siano nelle condizioni di provare la natura dinamica dell’attività in concreto svolta dalla società.