Concorrenza sleale e sviamento di clientela dell’ex dipendente

Le ipotesi di concorrenza sleale

Una particolare fattispecie di concorrenza sleale è il cosiddetto sviamento o storno di clientela, che si verifica ogni qualvolta un soggetto sottrae il portafoglio clienti di un’impresa concorrente con mezzi scorretti.
Si fa riferimento al cosiddetto storno o sviamento di clientela dell’ex dipendente, laddove si verifichi uno sviamento della clientela attuato da un ex dipendente o ex collaboratore dell’azienda che si metta in proprio svolgendo la medesima attività d’impresa del suo ex datore di lavoro.
Si ritiene che questo tipo di comportamento debba essere qualificato in termini di concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598, n. 3, c.c. secondo il quale compie atti di concorrenza sleale chiunque: “….3) si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda”.

Il divieto di sviamento di clientela ha natura differente sia dal generale obbligo di fedeltà del lavoratore in costanza di rapporto di lavoro (art. 2105 c.c.) che dal patto che istituisce in capo al dipendente l’obbligo di non concorrenza, ex art. 2125 c.c. L’obbligo di cui al patto di non concorrenza ex art. 2125 c.c. ed il generale obbligo di fedeltà del lavoratore ex art. 2105 c.c. attengono infatti ad un profilo di responsabilità contrattuale, laddove lo sviamento di clientela, come atto di concorrenza illecita ex art. 2598 c.c. n. 3, è riconducibile nell’alveo della responsabilità aquiliana o extracontrattuale.

Altra ipotesi ancora è quella per cui un’impresa subisce una condotta di concorrenza sleale attraverso lo storno di alcuni suoi dipendenti, tipicamente dell’area commerciale, ed il conseguente sviamento di clientela in favore della società che ha acquisito il suo ex dipendente; tale condotta è illecita laddove sia provato che l’assunzione è avvenuta proprio per acquisire la clientela della prima azienda ovvero per arrecarle un danno (v. ex multis Cassaz Civile, I sez., sentenza n. 14990/2021).
L’appropriazione della clientela di un imprenditore da parte del suo ex dipendente costituisce però un illecito sviamento di clientela solo allorquando essa sia ottenuta, direttamente o indirettamente, con un mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale.

La libera concorrenza

Il tentativo da parte dell’ex dipendente di entrare in contatto con il cliente del suo precedente datore di lavoro ed anche l’effettiva “acquisizione” di tale cliente non sono di per sé illeciti, rientrando nel gioco della libera concorrenza.
È infatti fisiologico (e dunque legittimo) che l’ex dipendente, nel corso della sua nuova attività d’impresa, promuova sul mercato tale attività e tenti di acquisire anche alcuni clienti che erano già in rapporti con l’azienda alle cui dipendenze aveva prestato lavoro.
Secondo la giurisprudenza infatti “…il tentativo di sviare la clientela (che non “appartiene” all’imprenditore) di per sé rientra nel gioco della concorrenza (che altro non è che contesa della clientela), sicché per apprezzare nel caso concreto i requisiti della fattispecie di cui all’art. 2598 c.c., n. 3, e ritenere illecito lo sviamento, occorre che esso sia provocato, direttamente o indirettamente, con un mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale..” (Tribunale di Reggio Emilia, Sent. n. 81/2023 del 20 gennaio 2023).
“L’ex dipendente può liberamente utilizzare tutte quelle cognizioni che, pur se acquisite nell’attuazione della prestazione di lavoro, sono entrate a far parte del suo patrimonio
personale di esperienza quali le conoscenze personali del prestatore” (Trib. Torino, sent.
28/05/2008).

È quindi da ritenersi lecito che l’ex dipendente, nel promuovere la propria nuova attività, formuli ai potenziali clienti (ivi compresi quelli con i quali aveva avuto contatti lavorativi in precedenza) proposte commerciali migliorative, e più competitive, rispetto a quelle dell’ex azienda presso cui lavorava, essendo lecito che un’impresa di nuova costituzione attui spesso politiche commerciali aggressive per entrare in un nuovo mercato.
In linea di principio, dunque, l’ex dipendente che avvii una propria attività d’impresa può utilizzare le conoscenze e le relazioni con la clientela del suo precedente datore di lavoro che costituiscono il suo personale patrimonio, acquisito nel corso della precedente esperienza lavorativa; la sua condotta diventa però illecita quando l’attività di sottrazione della clientela, per le sue concrete modalità, è da ritenersi scorretta perché contraria alle regole dell’etica.È stata ritenuta contraria alle norme di correttezza imprenditoriale “l’acquisizione sistematica, da parte di un ex dipendente che abbia intrapreso un’autonoma attività̀ imprenditoriale, di clienti del precedente datore di lavoro” (Trib. di Bologna, Sent. 18 Maggio 2018, Tribunale Torino, sent. 18 settembre 2020; Tribunale di Milano, Sent. 7 agosto 2018).

La giurisprudenza anche di legittimità è quindi concorde nell’affermare che “In tema di concorrenza sleale per sviamento di clientela, l’illiceità della condotta non dev’essere ricercata episodicamente, ma va desunta dalla qualificazione tendenziale dell’insieme della manovra posta in essere per danneggiare il concorrente, o per approfittare sistematicamente del suo avviamento sul mercato”. (Cass. Civ. n. 12681/07; Corte d’Appello di Milano, Sentenza n. 2002 del 3 luglio 2024; Corte d’appello di Milano. Sent. 25 Settembre 2020; Tribunale di Roma, sent. 18 Giugno 2019).
Accanto a questo requisito “quantitativo” dell’attività di storno, la giurisprudenza ha individuato un ulteriore requisito, che attiene alla natura ed alla modalità di acquisizione delle informazioni che hanno reso possibile la sottrazione di clientela.
Ricorre infatti la fattispecie di concorrenza sleale laddove l’illecito sviamento di clientela sia stato ottenuto dall’ex dipendente sfruttando informazioni riservate del suo ex datore di lavoro acquisite nel corso del suo precedente impiego.

Sono da ritenersi riservate le informazioni non destinate ad essere divulgate al di fuori dell’azienda, ancorché normalmente accessibili a dipendenti e collaboratori, che non siano generalmente note o facilmente accessibili agli esperti o agli operatori del settore in tempi ed a costi ragionevoli, ed infine che non siano connesse alle capacità professionali del dipendente.

A tale proposito la Suprema Corte ha recentemente ribadito che: “L’imprenditore deve ritenersi tutelato nei confronti di atti di concorrenza finalizzati ad appropriarsi di notizie che, senza che siano veri e propri segreti, l’impresa concorrente non ritenga di mettere a disposizione del pubblico….. Lo sviamento di clientela che può essere posto in essere utilizzando notizie sui rapporti con i clienti di altro imprenditore, acquisite nel corso di una pregressa attività lavorativa svolta alle dipendenze di quest’ultimo, costituisce condotta anticoncorrenziale, qualora si tratti di notizie che, sebbene normalmente accessibili ai dipendenti, non siano destinate ad essere divulgate al di fuori dell’azienda. Questo, nel caso in cui dal loro impiego consegua un indebito vantaggio competitivo” (Corte di Cassazione, sent. n. 18034 del 6 giugno 2022).

Sempre la Suprema Corte aveva avuto modo di precisare che “per integrare gli estremi di un atto di concorrenza sleale è comunque necessario che le informazioni acquisite o utilizzate pur non costituenti oggetto di un vero e proprio diritto di proprietà industriale quali segreti commerciali, costituiscano comunque un complesso organizzato e strutturato di dati cognitivi, seppur non segretati e potetti, che superino la capacità mnemonica e l’esperienza del singolo normale individuo e che configurino così una banca dati che, arricchendo la conoscenza del concorrente, sia capace di fornirgli un vantaggio competitivo che trascenda la capacità e le esperienze del dipendente”
(Corte di Cassazione, sent. 12.7.2019 n. 18772; Tribunale di Vicenza, Sent. n. 853/2022
del 12 maggio 2022).

In conclusione

In conclusione, deve ritenersi una illecita condotta di sviamento della clientela la sistematica e massiva attività di contatto di clienti da parte dell’ex dipendente, rivolta non solo ai clienti con i quali l’ex dipendente aveva lavorato in precedenza, ma ad un vasto numero di contatti, ottenuti accedendo ad una banca dati riservata – cioè ad un complesso strutturato e organizzato di informazioni – cui il dipendente aveva accesso, magari utilizzando ulteriori dati riservati come listini prezzi, schede tecniche, condizioni di fornitura.
In tal modo, infatti, l’ex dipendente acquisisce un vantaggio competitivo che trascende le proprie capacità mnemoniche ed esperienze lavorative, senza sostenere i costi che sarebbero stati necessari per ottenere autonomamente tali dati.

Giulio Blenx Avvocato Picozzi Morigi

Giulio Blenx

Socio