Esigenze di riservatezza e tutela della societa’

L’ART. 2476 COMMA 2 C.C.

“I soci che non partecipano all’amministrazione hanno diritto di avere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali nonché consultare, anche tramite professionisti di loro fiducia, i libri sociali ed i documenti relativi all’amministrazione.”

L’art. 2476 comma 2 c.c. conferma la rilevanza centrale attribuita alla figura del socio nel sistema di governance della società.

L’esercizio dell’azione di controllo si basa su di un criterio selettivo, che individua la qualità di quotista quale requisito positivo, mentre il requisito negativo è rappresentato dal non rivestire funzioni gestorie e/o amministrative all’interno della società.
Questo principio assume importanza laddove si consideri l’ingerenza di fatto dei soci, pur in assenza di qualsiasi investitura, nella gestione della società ai fini dell’applicazione delle norme che disciplinano la responsabilità degli amministratori. La responsabilità dei soci che non formalmente amministrano la società è prevista dal medesimo art. 2476, comma 7 c.c., il quale stabilisce che responsabili solidalmente con gli amministratori sono “i soci che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi”. E’ evidente che tale tipologia di soci (solo formalmente non amministratori) non possa avvalersi dei poteri ispettivi conferiti dall’articolo in commento riconosciuti espressamente ai soci non amministratori al fine di consentire il controllo della corretta gestione della società e, ove occorra, promuovere l’azione sociale di responsabilità in caso di gravi irregolarità.

Anche con riferimento all’ipotesi in cui il socio richiedente possa essere stato in precedenza organo amministrativo della società, la detta pregressa qualifica non può impedire o limitare il diritto di controllo da parte del socio, atteso che “l’incompatibilità logico – giuridica fra diritto di accesso del socio e carica amministrativa viene meno con la cessazione della carica stessa: l’unico e comprensibile ostacolo è pertanto l’attualità della funzione gestoria”. (Tribunale di Roma ord. di acc.
del 18/08/2016).
Tali questioni non sono invece rinvenibili nella disciplina prevista per le società per azioni il cui modello dotato di collegio sindacale, attribuisce al socio, benché tale, uno status diverso rispetto a quello di socio di s.r.l., senza elemento personalistico e privo di poteri diretti di controllo, ben potendo lo stesso ottenere le informazioni relative alla società da detto organo a ciò, e non solo, preposto.
Tale conclusione, tuttavia, non può indurre, a ritenere che nei casi in cui il collegio sindacale sussista in s.r.l., perché obbligatoriamente imposto dalla legge oppure per libera scelta dei soci, sia precluso al socio il diritto all’informazione diretta, per avere, comunque, i rispettivi diritti, quello del socio di s.r.l. e quello del socio di s.p.a, diversa connotazione in funzione del diverso modello societario.
E’ da ritenersi, invero, pacifico per costante giurisprudenza (Cass. Sentenza 27/09/2016 n. 47307) il principio secondo cui “il potere ispettivo del socio non amministratore prescinde completamente
dalla circostanza che la società sia dotata o meno di collegio sindacale, con la conseguenza che il diritto del socio di poter consultare i documenti relativi alla contabilità ed altri libri sociali ha carattere inderogabile, anche se la s.r.l. è in presenza dell’organo di controllo”.
Tale diritto si esplica quale diritto di informazione e quale diritto di consultazione: il primo, si riassume come potere di avere dagli amministratori notizie sullo svolgimento delle operazioni sociali: il secondo, è la facoltà di consultare i libri sociali e i documenti relativi all’amministrazione, che secondo la giurisprudenza prevalente si esplica anche quale facoltà di estrarre copia, a proprie spese, della documentazione sociale (cfr. Trib. Milano del 10.06.2013).
Il Legislatore, al fine di rendere il controllo effettivo e reale, ha garantito al socio il privilegio di farsi assistere da un professionista di fiducia, in grado di analizzare correttamente la documentazione e le informazioni oggetto di controllo. Difatti, l’assenza di tale figura non assicurerebbe una completa visione sul reale andamento degli affari sociali o un’adeguata verifica sulla correttezza delle scelte
amministrative. Invero, al fine di tutelare gli interessi di riservatezza della società, gli orientamenti prevalenti della dottrina ritengono che il professionista debba rientrare nella categoria dei
professionisti intellettuali, di cui all’art. 2229 c.c. ‘’[…] le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi […]’’; e, inoltre, l’iscrizione deve garantire la
presenza di norme deontologiche che impongano al professionista doveri di riservatezza, in relazione alle informazioni conosciute per causa d’ufficio.
Il diritto di informazione e quello di consultazione hanno le medesime finalità, ma si distinguono per il contenuto della richiesta. In particolare, il diritto alla consultazione può avere a oggetto la totalità
dei documenti della società. L’ampia formulazione consente di ritenere compresi sia i documenti sulla base dei quali vengono assunte le scelte gestionali sia i libri e le scritture contabili (compresi
registri IVA, fatture, estratti conto…), compresi i documenti relativi alle società controllate.
Nonostante tale diritto del socio sembri esercitabile in via potestativa, senza l’onere di dimostrare l’utilità del proprio specifico interesse, potendo il socio estendere il proprio controllo ben oltre
l’ispezione dei libri sociali e richiedere la consultazione di tutta la corposa documentazione relativa all’amministrazione (fatture, elenco fornitori e clienti), la giurisprudenza ne ha comunque individuato taluni limiti interni.
I suddetti limiti nascono dall’esigenza di raccordare il diritto riconosciuto al socio non amministratore con le esigenze di tutela in materia di riservatezza della società rispetto ai propri dati e quelli dei terzi.
Quanto sopra proprio in virtù del cambio di visione da “proprietà del dato”, in base alla quale non lo si può trattare senza consenso, ad una visione di” controllo del dato”, che favorisce la libera circolazione dello stesso rafforzando nel contempo i diritti dell’interessato, il quale deve poter sapere se i suoi dati sono usati e come vengono usati per tutelare lui e l’intera collettività, nel nostro caso la società, dai rischi insiti nel trattamento dei dati.
Ancorchè si sia in presenza di un diritto potestativo, la giurisprudenza è ferma nel ribadire che deve riconoscersi l’esistenza di restrizioni in ordine ai diritti di controllo del socio.

L’esercizio del diritto ex art 2476 comma 2 c.c. trova limiti specifici nel rispetto dei principi di
correttezza e buona fede, ed in generale nelle esigenze di tutela della società medesima.
Il socio deve, pertanto, astenersi da un’ingerenza nell’attività degli amministratori per finalità di
turbativa dell’operato di quest’ultimi con la richiesta di informazioni, di cui il socio non abbia
effettivamente necessità, al solo scopo di ostacolare l’attività sociale; in tal caso l’esercizio non
potrebbe ricevere tutela, in quanto mosso da interessi ostruzionistici tali da rendere più gravosa
l’attività sociale, con conseguente legittimità del rifiuto degli amministratori. ( Trib. Di Roma ord del 18/08/2016).
Ben può verificarsi infatti che l’ingerenza del socio non amministratore, possa essere
strumentalmente volta ad ostacolare lo svolgimento dell’attività sociale. A tal fine l’applicazione dei principi ex art. 1175 c.c. e 1375 c.c. attua una salvaguardia sostanziale dell’interesse della società, imponendo una deroga alla regola della insindacabilità dei motivi e degli interessi sottesi alla richiesta del socio di consultare i documenti dell’amministrazione.
In applicazione di tali principi, pertanto, gli amministratori possono legittimamente rifiutarsi di
fornire informazioni o di consentire la consultazione della documentazione ogni qualvolta la
richiesta del socio palesi un fine dilatorio o ostruzionistico. Il carattere sostanziale della tutela
imposta dal rispetto dei principi ex art 1375 c.c. e 1175 c.c., si evince dal dovere in capo agli
amministratori di rifiutare l’accesso alla documentazione del socio allorchè vi sia un concreto rischio che ciò possa causare un pregiudizio alla società, con la conseguenza che il mancato diniego
determini la loro personale responsabilità rispetto ai danni patiti dalla società. (Trib. Milano del 13
aprile 2018, Trib. Milano del 5 dicembre 2017, Trib. Milano del 20 luglio 2017, Trib. Milano del 28
novembre 2016).
Un caso è rappresentato dal rifiuto che la società può opporre riconducendo lo stesso al fondato
motivo di ritenere il socio richiedente l’accesso quale potenzialmente interessato allo svolgimento
di attività concorrenziale o comunque interferente con quella tipica della società. Sul punto, il
Tribunale di Milano, con ordinanza del 13 maggio 2017 aveva riconosciuto che la cautela attuata
dalla società e consistente nell’oscuramento dei nominativi presenti nella documentazione

consegnata al socio non fosse da considerare pretestuosa, così come aveva negato la consultazione dei software aziendali attesa la loro non configurabilità come documenti attinenti all’amministrazione e pertanto non rientranti tra i documenti consultabili dal socio ai fini del controllo individuale.
Per costante giurisprudenza, quindi, il contemperamento tra l’esercizio del diritto del socio alla consultazione e la riservatezza della società, sempre nel rispetto dei principi di cui ampiamente discusso, può essere limitato attraverso alcuni accorgimenti che rappresentano una tutale dei cd. dati sensibili, quale ad esempio il mascheramento dei dati.
Non va sottaciuto che il mascheramento dei dati non possa comunque essere indiscriminatamente adottato ove esso rappresenti un’indebita restrizione del diritto che il socio ha di verificare le condotte dell’organo amministrativo. E’ evidente che qualora le richieste del socio siano puntuali e si riferiscano ad operazioni specifiche degli amministratori e di sospetta non trasparenza, la società sarà tenuta a non ostacolare il controllo, nemmeno indirettamente attraverso il mascheramento di
dati o altre informazioni che per quanto sensibili, se oscurate, rappresentano un’indebita compressione del diritto del socio.
Sul punto il Tribunale di Napoli con Ordinanza del 2018 nel procedimento RG 33204/2017 “Non può revocarsi in dubbio che ricorra diritto potestativo dei soci a tale consultazione ed estrazione. Non
può che convenirsi che tutti gli atti elencati nelle conclusioni dell’atto rientrino nell’ampio novero di quelli di amministrazione dell’ente, ovvero della sua gestione per la realizzazione dell’oggetto sociale.
Giacchè il socio agisce quale soggetto intraneo alla società, per interessi propri e dell’ente, non può che ritenersi che sussista il relativo diritto alla consultazione della documentazione…”
Il socio non è visto quale terzo contro il quale far valere la riservatezza della società, bensì quale soggetto intraneo, a cui è anche innovativamente attribuito l’esercizio dell’azione di responsabilità
contro gli amministratori nell’interesse della società, pertanto titolare di un diritto di controllo penetrante ed adeguato Ed invero, “L’esigenza di riservatezza aziendale ovvero il rispetto della privacy di terzi non costituisce un limite astratto ed intrinseco al diritto di controllo del socio, bensì concreto ed estrinseco: estrinseco nel senso che il rispetto della riservatezza opera semmai nei confronti del socio verso l’esterno, perciò avente il diritto di acquisire conoscenza di documentazione riservata ma non di divulgarla; concreto nel senso di un’effettiva congruenza dell’esercizio del diritto di controllo rispetto alla situazione specifica”.
In conclusione, il socio, quale soggetto endosocietario, ha diritto all’esercizio del proprio potere ispettivo senza incorrere nella violazione del diritto di privacy dei terzi, in quanto le informazioni alle
quale avrebbe accesso rimarrebbero nella disponibilità di un soggetto appartenente all’ambito
“endosocietario”. Il limite, che invece rappresenterebbe violazione della privacy si verrebbe a concretizzare con la diffusione esterna delle suddette informazioni. (sul punto ordinanza del Trib di Milano del 2018 – RG 56043/04)

Clelia Aulicino Avvocato Picozzi Morigi

Clelia Aulicino

Associata